Il Museo dell’Innocenza

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IMPORTANTE
L’autrice di questo articolo, scritto nel lontano 2013, è la nostra cara amica Anna Rita Severini. Nel 2022 Anna Rita ha pubblicato un romanzo ambientato a Istanbul, il Museo dell’Innocenza costituisce il centro focale della sua opera. Abbiamo intervistato Anna Rita nel maggio 2022 per parlare del suo libro, consigliamo a tutti di leggere la nostra intervista ed ovviamente di leggere il suo bellissimo romanzo.

Il potere dell’immaginazione di plasmare la realtà: il Museo dell’Innocenza di Orhan Pamuk

Immaginate di essere a Istanbul, precisamente a Beyoğlu, ed entrare in una vecchia casa nel quartiere di Çukurcuma, una bella palazzina di tre piani ben restaurata, dalle pareti color rosso scuro, all’angolo fra Çukurcuma Caddesi e Dalgiç Sokak. Ora è un museo, ma una volta, fra gli anni ’70 e ’80 del secolo scorso, ci è vissuta la famiglia Keskin: la giovane e bella Füsun con i suoi genitori.

Qui Kemal Basmacı ha trascorso, in quel periodo, gran parte delle sue serate con questa famiglia, per amore di Füsun; e qui egli ha raccolto centinaia di piccoli oggetti, suppellettili, abiti, foto, ritagli di giornale, documenti che ha conservato con cura negli anni, perché contenevano il ricordo di tutti gli attimi più intensi della sua sconvolgente e sfortunata storia d’amore. In questa casa Kemal ha vissuto gli ultimi anni della sua vita (è morto nel 2007) circondato da tutti questi oggetti per averne conforto, ma soprattutto con il desiderio di organizzarli ed esporli come in un museo proprio qui, in questa casa, dove ha sognato di poter raccontare ai visitatori non solo la sua storia, ma anche la vita quotidiana della Istanbul di quegli anni, della Istanbul che più ha amato.

Credo che con questo stato d’animo si debba entrare nel Museo dell’Innocenza, con la piacevole e seducente illusione che tutto ciò che in questo luogo si rappresenta sia accaduto realmente, mentre la parte razionale di noi sa bene che si tratta di una finzione e che il museo è parte integrante di un progetto realizzato dallo scrittore turco Orhan Pamuk, premio Nobel per la Letteratura nel 2006, nell’arco di più di dieci anni. Tappe basilari ne sono state la pubblicazione del romanzo “Il museo dell’innocenza” nel 2008, l’inaugurazione del museo vero e proprio nell’aprile del 2012 e, subito dopo, la stampa del catalogo dal titolo “L’innocenza degli oggetti” che lo scorso novembre è uscito anche nell’edizione italiana della Einaudi.

In pochi mesi, il museo è già divenuto una delle mete turistiche più frequentate della città, con diverse migliaia di visitatori, ma – come stabilito dallo stesso Kemal nei colloqui con Pamuk quando, alla fine del libro, gli chiede di essere lui a realizzare romanzo e museo – l’esposizione non accoglie più di cinquanta ospiti alla volta, e, dunque, è possibile godere con tranquillità della particolare atmosfera creata al suo interno.

L’allestimento, curato nei minimi particolari dallo stesso Pamuk con il supporto di architetti, artigiani ed altri specialisti, valorizza notevolmente i pezzi esposti: salendo le scale che conducono attraverso i tre piani, si segue una linea continua di 83 bacheche in legno (tante quante i capitoli del romanzo, anche se alcune sono ancora chiuse perché non complete), nelle quali gli oggetti (più di 700 tutti citati nel libro) ci appaiono sistemati in vere e proprie composizioni, quasi dei quadri. E tutto – la sapiente scelta delle luci, i suoni e i rumori riprodotti in alcuni punti del museo, il percorso espositivo che, con lo stesso andamento della spirale disegnata sul pavimento del piano terra (in cui si rispecchiano a loro volta lo scorrere del tempo e lo svolgersi della storia narrata) conduce il visitatore fino alla soffitta in cima alla casa e gli permette di affacciarsi per guardare da lì l’intero museo – tutto concorre alla creazione di uno spazio assolutamente speciale e affascinante.

Ritrovare nelle bacheche gli oggetti che hanno costellato la vicenda di Kemal e Füsun significa anche conoscere un pezzetto della recente storia di Istanbul, della vita vissuta nelle sue case fino a non molti anni fa. E, dunque, il Museo dell’Innocenza non è soltanto il luogo in cui viene raccontata e rappresentata la storia d’amore di due giovani (sulla quale non mi soffermo, rinviando alle numerose recensioni ed interviste presenti sulla rete), ma anche, e forse soprattutto, un atto d’amore di Pamuk verso la città in cui è nato ed è sempre vissuto, verso i quartieri della sua infanzia e giovinezza, verso le strade che ha percorso per anni fantasticando di ambientare un suo romanzo in quella vecchia casa per poi trasformarla in un museo.

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E a Istanbul un museo dedicato alla città in questi termini è un’assoluta novità.

Se, per tutti questi motivi, l’esposizione può essere godibile in sé, il mio consiglio è comunque di visitarla dopo la lettura del romanzo (fra l’altro, chi porta con sé il libro entra gratuitamente e risparmia le 25 lire del biglietto d’ingresso che qualcuno ha trovato eccessive; l’addetto della biglietteria appone un timbro con il logo del museo sul biglietto disegnato in una delle ultime pagine). Ritengo che la conoscenza del testo – in cui si sviluppano anche temi più ampi quali le consuetudini sociali nella Istanbul dell’epoca, la conservazione degli oggetti nei piccoli musei, e soprattutto l’amore, il senso del tempo, la felicità – sia determinante per comprendere appieno i contenuti del museo ed apprezzare l’originalità dell’intero progetto, in cui la sovrapposizione impalpabile tra finzione e realtà, tra luoghi della storia e vie/quartieri della città, tra protagonista e autore, non possono non conquistare i lettori-visitatori più attenti. E il catalogo completa mirabilmente la descrizione di questa avventura che ha visto crescere di pari passo romanzo e museo, narrandone la genesi e lo sviluppo dalla prima idea scaturita nel 1982 fino ad oggi.

Al museo si arriva facilmente: percorrendo la stretta Postacılar Sokaĝi, che si diparte dalla Istiklal Caddesi verso il Bosforo e prosegue con Tom Tom Captan Sokak (via su cui si affaccia il Consolato Italiano), si arriva a Çukurcuma Caddesi all’altezza dell’omonimo hammam. Da qui si intravede, distante un centinaio di metri, il grazioso edificio ad angolo color rosso scuro, risalente al 1897 e acquistato da Pamuk nel 1999.

In una decina di minuti a piedi, dalla affollata e vivace Istiklal, coi suoi palazzi e i suoi bei negozi, si arriva così nel cuore di Çukurcuma, un tranquillo quartiere in via di evidente riqualificazione, reso affascinante anche dai numerosi negozi di rigattieri e antiquari aperti lungo le strade principali, dove è piacevole curiosare fra vecchi mobili e oggetti dismessi, sin dagli anni ’70, dalle case di una Istanbul proiettata decisamente verso il cambiamento e la modernità. Anche in alcuni di questi negozi Pamuk, novello collezionista, ha acquistato pezzi che avrebbe poi esposto nel museo, oltre a quelli riprodotti da abili artigiani o avuti da amici e conoscenti per il suo ambizioso progetto.

Un motivo di fascino non secondario del Museo dell’Innocenza è poter riferire i personaggi e le situazioni ai luoghi reali della città: non soltanto l’edificio del museo e le strade che lo circondano, ma anche le vie di Nişantaşı, zona elegante a nord di Piazza Taksim dove si svolge buona parte del romanzo, o le vecchie case in legno di Fatih – quartiere a ovest del Corno d’Oro fortemente ancorato alla tradizione islamica – o ancora le yalı lungo il Bosforo.

Del resto, quasi tutti i romanzi di Pamuk sono ambientati nelle vie di Istanbul in cui egli stesso è vissuto e vive, con la differenza che, in questo caso, come si legge sulla copertina dell’edizione italiana del catalogo, “Orhan Pamuk ha fatto ciò che sembrava esclusiva dei maghi delle fiabe o del Genio delle Mille e una notte. Ha preso ciò che esisteva tra le pagine del suo ultimo romanzo, Il Museo dell’innocenza, e l’ha trasformato in qualcosa di materiale, di fisico, uno spazio da esplorare con tutti i nostri sensi: ha costruito il Museo dell’Innocenza. Un luogo unico al mondo, un tesoro nel cuore incantato di Istanbul: la celebrazione dell’amore, della memoria, del potere dell’immaginazione di plasmare la realtà”.

Sul sito internet www.masumiyetmuzesi.com è possibile trovare tutte le informazioni su contenuti, iniziative, orari di apertura e prenotazioni.

Dimenticavo. Nel romanzo Kemal precisa: “Il Museo dell’Innocenza sarà sempre aperto per gli innamorati che non trovano un posto a Istanbul dove baciarsi”. Anche io ho baciato la persona che amo proprio nella soffitta, di fronte al letto degli incontri d’amore fra Kemal e Füsun che lo stesso Kemal ha trasportato lassù perché il museo fosse per sempre la sua casa. Ed è stato bellissimo.

Anna Rita Severini


I Quartieri Asiatici

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Istanbul è l’unica città al Mondo a sorgere su due continenti. Non c’é dubbio che la presenza del “lato asiatico” aldilà del Bosforo funga da potente richiamo per l’immaginario collettivo europeo.

A volte questa prerogativa può far nascere strani dubbi ed aspettative non realistiche.

Gli strani dubbi si condensano nella domanda che a volte ci viene rivolta via mail ed a cui speriamo di rispondere una volta per tutte: No, non serve il passaporto per andare sul lato asiatico di Istanbul..

Le aspettative non realistiche si intravedono sui volti dei gruppi di turisti che ci capita di vedere ogni tanto scendere dai traghetti ad Üsküdar. Gli occhi e le orecchie che immaginavano di assaporare l’oriente si scontrano col traffico caotico e con l’enorme cantiere del Marmaray Tünel. Alcuni addirittura dopo pochi minuti salgono sullo stesso traghetto per fare ritorno a Sultanahmet, tristemente spaesati e con le reflex deluse.

La realtà di Istanbul è molto complessa, non ci stancheremo mai di dirlo, la città è un insieme di molte città, il panorama architettonico ed il contesto sociale cambiano velocemente e radicalmente, nel giro di qualche metro e/o di qualche mese. Basta spostarsi di pochi metri da Taksim a Kasımpaşa oppure da Sultanahmet a Kadırga per scontrarsi con realtà profondamente diverse. Non è necessario quindi attraversare il Bosforo per cercare la parte più “orientale”, più “musulmana”, la parte più “vera”. Istanbul è tutta vera. Queste classificazioni ad Istanbul sono prive di senso.

Sia nella parte europea che in quella asiatica troviamo dei quartieri più conservatori (Fatih e Ümraniye) e dei quartieri più moderni (Beyoğlu e Kadıköy), delle zone ricche di storia (Sultanahmet e Üsküdar) e delle zone votate allo shopping (Nişantaşı e Bağdat Caddesi), delle zone di considerevole mescolanza religiosa (Fener/Balat e Kuzguncuk/Yeldeğirmeni) e dei graziosi villaggi sul Bosforo (Arnavutköy e Çengelköy).

Il consiglio è quindi quello di dare una chance al lato asiatico, senza preconcetti ed in maniera più consapevole.

Ormai da molto tempo riceviamo richieste da persone estremamente incuriosite da questa parte della città, ma intimorite dall’idea di racchiudere in poche ore i punti di maggiore interesse, non sapendo peraltro quali siano, dato che nessuna guida cartacea parla a sufficienza di queste zone (anzi spesso sono escluse addirittura dalle cartine).

Per questo motivo abbiamo studiato e messo in pratica un itinerario che comprende i 3 quartieri più rappresentativi della parte asiatica di Istanbul (Kuzguncuk, Üsküdar e Kadıköy), e che nel giro di 5-6 ore riesce a fornire una visione più esaustiva possibile della zona, mostrandone la complessità storica, sociale e paesaggistica. L’esperienza acquisita grazie all’itinerario già esistente, quello di Fatih, Fener e Balat, per il quale riceviamo centinaia di commenti positivi e mail di ringraziamento, ci ha spinti e motivati a creare questo nuovo tour, in modo da poter aiutare a fornire un’immagine sempre più completa e meno stereotipata della meravigliosa città in cui viviamo.

Üsküdar è uno dei più antichi quartieri della Istanbul ottomana, un quartiere fin dall’inizio residenziale, ed ancor oggi conserva queste sue caratteristiche.

Sono più di 180 le Moschee del quartiere, alcune di queste risalgono a prima della conquista ottomana, quindi fra le più antiche di Istanbul. Le più grandi quelle di Mihrimah e di Yeni Valide, le più interessanti quelle più piccole, Şemsi Paşa, Kaptan Paşa, Çinili Camii.

La storia di Üsküdar affonda le sue radici ben più indietro nel tempo rispetto all’arrivo degli ottomani, come Bisanzio è stata fondata infatti nel VII sec. AC da coloni greci. Durante gli scavi per il tunnel del Bosforo sono stati infatti trovati moltissimi resti dell’antica Crisopoli.

Oltre all’importanza storica delle moschee ed alla bellezza del quartiere in sè, bisogna necessariamente fare una passeggiata fino a Salacak ed arrivare di fronte alla Kız Kulesi, una torre leggendaria che sorge su di un’isoletta all’interno del Bosforo e che dipinge, grazie allo sfondo della penisola storica, una delle più scenografiche silhouette di Istanbul.

Poco distante da Üsküdar sorge Kuzguncuk, un quartiere abitato dalla popolazione ebraica a partire dal 1500 e che in seguito ha accolto anche la popolazione greca e armena. Kuzguncuk è uno dei nostri quartieri preferiti in assoluto, si tratta in pratica di una valle lunga e stretta, con i due lati che scendono a picco sul Bosforo. La serenità che infondono le sue antiche case in legno fra il verde dei platani lo rende speciale.

E’ solo qui che si possono vedere una moschea al fianco di una chiesa armena, ed una sinagoga al fianco di una chiesa ortodossa. Non è esagerato prendere questo piccolo quartiere come simbolo della tolleranza e dell’armonia presenti in passato nell’Istanbul ottomana. Kuzguncuk conserva ancora intatta l’atmosfera da villaggio di pescatori, un luogo dell’anima che ha ispirato e che continua ad ispirare artisti, poeti, registi, architetti e sognatori.

Sono tanti i suoi punti di interesse, la sinagoga di Beth Yakov, la Chiesa di Ayos Panteleimon e quella di San Gregorio Armeno, senza dimenticare lo splendido parco di Fethi Paşa che regala affascinanti scorci sul Bosforo.

L’ultimo quartiere che tocca il nostro itinerario asiatico è Kadıköy, l’antica e famosa Calcedonia, fondata addirittura 20 anni prima di Bisanzio da coloni greci provenienti da Megara. La storia antichissima di Kadıköy rimane sullo sfondo di quello che ormai è a tutti gli effetti uno dei quartieri più moderni e vivaci di Istanbul.

A partire dall’800 quella che in epoca ottomana era solo una zona residenziale per nobili benestanti si trasforma, grazie alla costruzione della stazione dei treni di Haydarpaşa, in un quartiere estremamente variegato sia dal punto di vista etnico che sociale. All’inizio del ‘900 la popolazione del quartiere era composta da ebrei, greci, armeni, albanesi, bulgari, persiani, italiani, tedeschi e francesi. E’ proprio in questo quartiere che a Istanbul nascono i primi “appartamenti” in senso moderno di pietra e marmo.

Una passeggiata per il sobborgo di Yeldeğirmeni ci riporta quindi alla mente un periodo non lontano in cui ingegneri tedeschi e scalpellini italiani lavoravano insieme, entrambi da immigrati, nella Istanbul cosmopolita di inizio ‘900.

Kadıköy è un quartiere moderno, molto esteso e densamente popolato (più di mezzo milione di abitanti), con una grande varietà di atmosfere e stili architettonici. Un giro più articolato porterebbe fino a Bağdat Caddesi, un viale di 14 chilometri che costeggia il Mar di Marmara, costellato di centri commerciali e negozi dei più famosi brand internazionali. Sostituendo i platani con le palme sembrerebbe di stare a Los Angeles.

Ma è nel centro di Kadıköy che consigliamo ai viaggiatori di passare qualche piacevole ora, il mercato centrale è uno dei più interessanti e pittoreschi della città, è un luogo molto adatto per un mini-tour gastronomico. Fra i moltissimi chioschi sono innumerevoli le specialità da provare e che i negozianti fanno assaggiare col sorriso sulle labbra, sia per gli amanti del salato che del dolce, infatti è qui che si trovano alcune fra le pasticcerie più storiche e famose.

Un visita di Istanbul senza recarsi sul lato asiatico lascerebbe sicuramente un senso di incompiutezza, ma ancora più deludente sarebbe visitare il lato asiatico con delle aspettative ingannevoli. Speriamo che questo articolo possa fornire un’immagine più chiara di una zona della città così importante ma troppo spesso trascurata dalle guide cartacee.

Se siete interessati a fare con noi una visita guidata di questi quartieri vi preghiamo di contattarci via mail o di lasciare un commento qui sotto.

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Fatih, Fener e Balat

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Le zone di Fatih, Fener e Balat sono sicuramente le più ricche di storia, le più affascinanti e caratteristiche di tutta Istanbul. Proprio per questi motivi rientrano nella lista dei patrimoni dell’Unesco. Ma nonostante ciò sono visitate da meno dell’1% dei turisti che visitano Istanbul. Com’è possibile una cosa del genere?

I motivi sono molti, ma la colpa principale è sicuramente da attribuire alla cosiddetta “industria del turismo”, che semplifica tutto e attua una riduzione stereotipata della città, per massimizzare i suoi profitti. La città viene quindi sostituita e rimpiazzata da una sua immagine artefatta, ed è quest’ultima purtroppo che viene visitata dalla quasi totalità dei turisti.

Noi per nostra filosofia ci opponiamo a tutto questo, e speriamo che la gente abbia la curiosità e la voglia di scoprire le reali bellezze di Istanbul.

Parliamo di 3 quartieri davvero centrali per comprendere appieno la storia e la cultura di questa città, zone in cui i popoli e le religioni si sono nel tempo mescolati e sovrapposti, evidenziando e portando fino ai giorni nostri una straordinaria ricchezza di architetture, di monumenti religiosi, di colori e di prelibatezze gastronomiche. I 3 quartieri si trovano all’interno delle mura della città vecchia, ad ovest di Eminönü e si affacciano sul Corno d’Oro. Sono zone non propriamente agevoli da visitare se non accompagnati da gente che le conosce, non perché siano pericolose, ma perché non sono assolutamente battute dai turisti e non è affatto facile trovare i monumenti ed orientarsi fra il dedalo di case.

Fatih è da considerarsi uno dei quartieri più “conservatori” di Istanbul, è la zona più osservante dal punta di vista religioso, con al centro il monumentale complesso della Moschea di Fatih. Passeggiare per le sue strade, nella zona di Malta Çarşı, la zona del mercato, è un’esperienza che non può lasciare indifferenti. A Fatih oggi vivono per lo più immigrati dalle zone dell’estremo est anatolico, quindi persone molto più attente ai dettami religiosi, ma anche cariche delle loro strepitose tradizioni culinarie regionali, ed è proprio per questo motivo che il quartiere viene ormai accettato come centro gastronomico della città. E’ qui che bisogna venire per provare i sapori più autentici della cucina turca. Ristoranti o piccoli chioschi specializzati in kebap, pide, sarma, köfte, tutto squisito ed a prezzo molto basso. Dopo un pranzo o uno spuntino, è possibile raggiungere, se si riesce a trovare, la bellissima moschea di Zeyrek, che in passato era il Monastero Bizantino di Cristo Pantocratore, il secondo più grande edificio del periodo Bizantino, dopo Aya Sofia, ancora esistente ad Istanbul. La zona di Zeyrek, con le sue case in legno di periodo ottomano antiche di 200 anni, è una delle più pittoresche di tutta Istanbul. Lasciando alle spalle Fatih e dirigendosi verso Fener, incontriamo il quartiere di Çarşamba. Qui si trova una delle più famose Chiese Bizantine di Istanbul, la Chiesa di Theotokos Pammakaristos, conosciuta oggi come Fethiye Camii, dato che al giorno d’oggi è per metà moschea e per metà museo.

Entrati finalmente nel quartiere di Fener, lo storico quartiere greco, le strade cominciano a farsi strette e labirintiche, le pendenze si fanno importanti, ed il rischio di perdersi sempre più elevato. E’ su questi sampietrini ultra centenari, fra case ottomane colorate, alcune superbamente restaurate, altre impietosamente diroccate, che si respira la storia di Istanbul. Devoti preti bizantini, rozzi crociati, fieri paşa ottomani col loro stuolo di servitori, commercianti armeni, negozianti ebrei, chiromanti zingari, nell’arco dei secoli hanno popolato, spesso contemporaneamente, queste zone della città, e hanno dato origine a quella ricchezza culturale che possiamo ammirare ancora oggi. Passeggiando fra case dai colori e dalle forme più bizzarre, fra bambini che giocano a pallone per le strade, si arriva davanti al Rum Lisesi, il Liceo Greco Ortodosso, magnifico e caratteristico edificio in mattoni rossi che sovrasta la collina di Fener. Inerpicandosi per una scalinata pittoresca si raggiunge la sommità della collina di Fener, dove un tempo passavano le mura dell’antica Costantinopoli, è proprio qui che sorge una Chiesa ai più sconosciuta ma di un’importanza fondamentale nella storia della città. Si tratta della splendida Chiesa di Santa Maria dei Mongoli, conosciuta anche come la Chiesa Rossa. La sua storia peraltro è talmente bella e affascinante che meriterebbe un libro, ma purtroppo non esiste nessuna pubblicazione in merito ed anzi la Chiesa pare dimenticata da tutti.

Sempre all’interno del quartiere di Fener troviamo uno dei luoghi più importanti in assoluto della religione Cristiana, il Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, l’equivalente di San Pietro a Roma per la religione Cristiana Ortodossa. L’importanza storica e simbolica di questo luogo è enorme. E’ una delle cinque sedi principali della chiesa cristiana, in ordine di gerarchia, il patriarcato di Costantinopoli è il secondo dopo Roma, e precede Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. La visita della Cattedrale di San Giorgio dovrebbe perciò costituire un “must” per un turista in viaggio ad Istanbul, eppure credo che neanche l’1% dei turisti lo faccia, ignorandone probabilmente l’esistenza.

In riva al Corno d’Oro, a fare da spartiacque fra Fener e Balat, incontriamo la Sveti Stefan Kilisesi (Chiesa Bulgara di Santo Stefano), famosa per essere costruita completamente in ferro e per i suoi ricchi ornamenti interni.

Balat è lo storico quartiere ebraico, lo è stato a lungo, sia durante il periodo bizantino sia durante il periodo ottomano, questo a dimostrare il clima di convivenza interreligiosa che ha sempre caratterizzato Istanbul. Gli ebrei hanno cominciato a lasciare il quartiere solo a seguito del forte terremoto del 1894, spostandosi in parte nel quartiere di Galata ed in parte emigrando in Israele. Dopo il 1960 la residua minoranza ebraica benestante di Balat si è trasferita nel quartiere di Şişli, ed il risultato è stata una completa trasformazione del quartiere, che da zona estremamente ricca si è in fretta trasformata in zona di immigrati delle classi sociali più basse. Il cambio di composizione sociale ha fatto attraversare a Balat una fase di trascuratezza non indifferente, a cui solo ultimamente si è cercato di porre rimedio attraverso un ambizioso progetto di riqualificazione patrocinato dall’Unesco. Il sottile confine fra splendore e degrado produce in Balat un contrasto abbagliante. Il quartiere, in cui sono presenti ben 3 sinagoghe (fra cui la bellissima Sinagoga di Arhida, ancora in funzione, e visitabile previo contatto col rabbino), rimane ancora oggi un vero gioiello. Arrivando sulla sommità di Balat si entra in un parco da cui si può ammirare un panorama mozzafiato su tutto il Corno d’oro.

Proseguendo sempre a piedi e col rischio, sempre concreto, di perdersi, si raggiunge la famosa Chiesa di San Salvatore in Chora, oggi conosciuta come Kariye Müzesi. I suoi magnifici mosaici e i suoi affreschi, non hanno niente da invidiare a quelli di Aya Sofia, anzi sono oggettivamente molto più belli. Si tratta senza dubbio di uno dei più importanti monumenti storici di Istanbul, straordinario esempio della perfezione stilistica bizantina.

La visita di Fatih, Fener e Balat, è una visita impegnativa, ma regala delle emozioni uniche, anche a chi come noi è abituato ormai a frequentare questi luoghi. Ripetiamo che visitare questi quartieri da soli non è facile, spesso i nomi delle vie sulle cartine sono errati o non vengono segnati, si rischia di girare invano e perdere un sacco di tempo, la percentuale di persone che conoscono l’inglese in queste zone è prossima allo zero e quindi risulta impossibile chiedere informazioni, ci tocca ammettere che le prime volte ci perdevamo anche noi pur potendo chiedere informazioni in turco!

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