BIR ZAMANLAR nel Museo dell’Innocenza

Ultimo aggiornamento: 3 Giugno 2022

Il mese scorso sono venuti a trovarci due cari amici, Anna Rita e Filippo. Ci siamo conosciuti nel lontano 2012 qui ad Istanbul, dieci anni fa noi eravamo agli inizi della nostra avventura, avevamo da poco aperto l’agenzia, Anna Rita e Filippo tornavano per la prima volta a Istanbul dopo molto tempo ed in quell’occasione ci hanno chiesto via mail di accompagnarli in un paio di visite guidate. Quel viaggio ha risvegliato in loro l’interesse per Istanbul, tanto che da quel momento sono tornati quasi tutti gli anni a trovarci.

E’ stato bello incontrarsi a cadenze regolari e raccontarci di noi, loro ci hanno visto crescere e noi abbiamo visto sbocciare soprattutto in Anna Rita una profonda passione, per la città in primo luogo ed in particolare per un’opera del grande scrittore turco Orhan Pamuk: il Museo dell’Innocenza. Da quando è stato inaugurato il vero e proprio Museo a Çukurcuma, Anna Rita ci ha descritto i suoi continui pellegrinaggi, le sue visite al museo avevano ed hanno quasi un carattere sacrale. Ha saputo navigare all’interno di un’ossessione trasformandola in energia creativa.

Qualche anno fa ci ha confidato quasi sotto voce che aveva cominciato a scrivere un libro, oggi quel libro edito da il canneto editore è fra le nostre mani e lo consigliamo vivamente a tutti, non solo agli amanti di Istanbul ma anche e forse soprattutto a chi Istanbul ancora non la conosce. E’ un romanzo vero, che trasuda amore. E’ un onore per noi figurare fra i ringraziamenti finali e addirittura fare la comparsa all’interno del libro come personaggi.

Abbiamo approfittato del nostro incontro per fare un’intervista ad Anna Rita, per parlare in maniera più approfondita del suo romanzo:

Intervista ad Anna Rita Severini

Questo è il tuo primo romanzo. Perché Istanbul e perché il Museo dell’Innocenza?

Per molti anni ho scritto testi legati al mio lavoro nel Museo delle Genti d’Abruzzo a Pescara. Si è trattato di studi sulla cultura materiale agro-pastorale, soprattutto abruzzese, e sulla catalogazione e valorizzazione delle raccolte etnografiche negli allestimenti di musei. BIR ZAMANLAR è dunque la mia prima pubblicazione di carattere non scientifico, ma creativo.

L’esperienza consolidata a contatto con oggetti di vita quotidiana del passato e con il loro contenuto di saperi tecnici e storie di vita ha costituito un presupposto determinante, ma forse non avrei mai pensato di cimentarmi in una simile impresa se non fossi tornata a Istanbul nel 2010 e soprattutto se non mi fossi appassionata all’originale progetto letterario-museale del premio Nobel Orhan Pamuk.

Il Museo dell’Innocenza. Un romanzo da leggere come un museo, un museo in cui muoversi come in un romanzo. E tutti e due concepiti in parallelo, fatti crescere in perfetta simbiosi per più di dieci anni tra la fine del Novecento e il primo decennio di questo nuovo secolo. Come potevo resistere a una simile tentazione? La curiosità iniziale ha lentamente ceduto il passo a un interesse sempre più puntuale e infine a una vera passione.

Ed è stato così che hai pensato di scrivere una storia tua ispirata a questi temi?

Inizialmente mi sono lasciata conquistare dal romanzo, letto nel 2010, e insieme dalla riscoperta di Istanbul che proprio quell’anno era Capitale Europea della Cultura. La città, che avevo visitato la prima volta nel 1988 con mio marito Filippo (lui vi si era già fermato nel 1973 e nel 1975 durante due viaggi via terra verso l’India), mi si è presentata tanto diversa, per molti aspetti migliorata e più accogliente.

Da allora ho desiderato essere lì tutte le volte che ho potuto, sia per poter finalmente “toccare con mano” il museo di Pamuk, aperto nel 2012 a quattro anni dalla pubblicazione del romanzo, sia per ritrovare ad ogni ritorno luoghi e atmosfere della città che potevo riconoscere e scoprirne altri del tutto nuovi. E sin dall’inaugurazione, non ho mai mancato di addentrarmi fra le vie sinuose di Çukurcuma, fra case dai bovindi affacciati in fila sulla strada e negozi di antiquari e rigattieri, per giungere davanti al portoncino rosso del mio amato museo. È stato grazie a queste frequentazioni cariche di curiosità e affetto crescente che ha iniziato a prendere forma in me l’idea di scrivere qualcosa di mio.

Quindi, hai visitato Istanbul molte volte in questi anni. Quali sono le tue impressioni sulla città? Sono cambiate nel tempo e se sì, in che senso?

Certo, il primo approccio è stato quello tipico del turista italiano che approda in una grande realtà urbana con una storia nobile e il fascino indubbio della tradizione ottomana. Un po’ di folklore e tanti aspetti “esotici”. Poi, in oltre dieci anni di soggiorni, ho affinato il mio sguardo. Le prime risorse su cui ho potuto contare in questo percorso sono state la lettura di “Costantinopoli” di Edmondo De Amicis e “Istanbul” di Orhan Pamuk, autobiografia intrecciata a intense personali visioni della città, e poi gli itinerari a piedi guidati da voi giovani di Scoprire Istanbul lungo quartieri allora poco battuti dal turismo di massa come Fatih, Balat, Fener, e Üsküdar e Kadiköy.

Da lì in avanti ho cominciato a guardarmi intorno, uscendo dal seducente involucro dei monumenti identitari (Santa Sofia, la Moschea Blu, la Torre e il ponte di Galata, ecc.) per girovagare in altre zone lungo le coste del Corno d’Oro, del Mar di Marmara e del Bosforo, nei quartieri oltre Piazza Taksim e fra questa e Galata, sulla sponda asiatica, nei grandi parchi e dovunque ho potuto.

Le impressioni iniziali si sono modificate e arricchite, facendo i conti con situazioni contrastanti di bellezza e abbandono, di conservazione e dinamismo, di complessità ed essenzialità. Insomma, parliamo di una metropoli impossibile, credo, da indagare fino in fondo nella sua natura multiforme, soprattutto per chi non può avventurarsi nelle sconfinate periferie.

Naturalmente, a tutto questo si aggiungono i rapidi mutamenti degli ultimi dieci-quindici anni in tanti quartieri: nuove costruzioni, abbattimenti, modifiche strutturali importanti che richiedono attenzione e invitano a riflettere anche chi è ospite in transito. Le mie impressioni sono cambiate anche perché è la città a essere cambiata. Tutto sommato, Istanbul mi ha lentamente conquistato proprio con il suo essere sempre sé stessa e sempre differente.

Nel romanzo Istanbul è molto presente, alcuni quartieri in particolare. Come hai immaginato questa presenza e come l’hai costruita?

Il mio stare a Istanbul, come accennavo, è stato determinante per la graduale costruzione del romanzo. Nei giorni di permanenza ho stilato diari di viaggio e ho scattato moltissime foto. Questo mi ha aiutato a recuperare nella memoria, a distanza di anni, alcune situazioni che volevo inserire nella storia e che altrimenti mi sarebbero sfuggite. La presenza della città, di certi suoi spazi, delle persone che la popolano, nel mio testo è frutto delle emozioni suscitate in me dai passaggi lungo le strade, nei musei, nei bazar, negli antichi han, nelle moschee, sui battelli.

Luoghi percorsi in stagioni e orari diversi, sotto il sole o coperti di neve, mi hanno consegnato immagini di Istanbul difficili da lasciar scorrere senza riceverne sempre qualcosa. Tutto questo si è mescolato alle letture dei romanzi di Pamuk e di altri autori turchi e, infine, alle suggestioni avute dalle vicende dei protagonisti de “Il Museo dell’Innocenza” che mi hanno inesorabilmente legato a certi quartieri: Çukurcuma, Nişantaşı, Fatih.

E come vivono la città i tuoi personaggi?

In qualche modo, sono loro il mio occhio sulla città. È stato intrigante raccontare la mia Istanbul attraverso le percezioni ed esperienze di ognuno. C’è chi è di casa, chi la scopre per la prima volta, chi la ritrova dopo anni. Ciò implica che lo sguardo sia parziale, ovviamente, e che lo sia anche dal punto di vista temporale.

La storia si svolge nelle sue fasi salienti in un arco di tempo limitato – dieci giorni dell’aprile 2011 – ma rimanda a fatti precedenti di qualche decennio e si sviluppa in tempi successivi fino al 2018.

Alcuni contesti vengono quindi vissuti dai personaggi come è stato per me fra il 2011 e il 2012, ma poi nella realtà si sono modificati spesso in modo radicale e repentino.

Allora ho voluto descriverli per lasciare di proposito una modesta traccia di ciò che era prima delle trasformazioni di questi ultimi anni. Penso ad esempio al mercato ittico di Karaköy, alle sue taverne e all’area attigua sulla riva del Corno d’Oro con i tavolini e le panchine; a Piazza Taksim senza la grande moschea di recente costruzione, alla salita di Çukurcuma priva di marciapiedi, alla panchina su Divan Yolu con la poesia di Orhan Veli Kanık.

Il rapporto col museo è un tema fondante. Come si è sviluppato?

Lo è senz’altro. In realtà l’affezione per il Museo dell’Innocenza è cresciuta di pari passo con quella per Istanbul. Ho letto il romanzo di Pamuk e il catalogo del museo più volte, ne ho studiato i dettagli. Ho trascorso due anni nell’attesa di entrare in un luogo fino ad allora misterioso che prometteva ai lettori di accedere alla versione tangibile di una storia inventata, insomma di potersi immergere nella mirabile commistione di realtà e finzione creata dallo scrittore.

Poi il primo ingresso nel dicembre del 2012, le visite successive pressoché annuali fino al gennaio del 2020, le donazioni di oggetti e foto legati ai contenuti museali, i colloqui con i direttori, gli appunti presi ad ogni passaggio, il tempo trascorso in quello spazio a cogliere stati d’animo sempre nuovi, le letture, la partecipazione a convegni sul tema, i confronti con studiosi e artisti interessati al museo. Ora, a quasi dieci anni dall’inizio di questa avventura, posso dire di aver accumulato un po’ alla volta un bagaglio di nozioni e di sentimenti che non permetteva distrazioni. Infatti, la prima idea di comporre una storia nuova nel museo e per il museo risale più o meno al 2013, dopo la redazione di un breve racconto nel 2012.

Il Museo è al centro della storia. O meglio ne è il centro.

Sì. Se c’è qualcosa che mi è stato chiaro sin dall’inizio, questo è il desiderio di far incontrare fra le sue mura nuovi personaggi, di intrecciare lì le loro esistenze, per coincidenza o per fatalità, e permettere che tali incontri richiamassero dal passato frammenti di vita in grado di cambiare i loro destini.

E volevo che tutto accadesse in pochi giorni, quando il museo non era ancora aperto al pubblico, dunque in una dimensione intima, nascosta al mondo, quasi sospesa fra i progetti, le aspirazioni e i sogni di chi ci stava lavorando. Ho immaginato gli spazi in allestimento, i depositi, gli oggetti ancora da esporre, come non potevo vederli dietro le porte e finestre rimaste chiuse fino al 27 aprile 2012.

Gli oggetti del romanzo di Pamuk sono legati fra loro da una storia d’amore. Di questa finzione letteraria portano con sé il ricordo di attimi felici o dolorosi, ma raccontano qualcosa anche della vita reale di chi ha abitato la città. Dunque, mi sono detta che poteva accogliere ancora altre storie, quelle dei miei personaggi – chi residente a Istanbul e chi arrivato dall’Italia – coinvolti in una dinamica inaspettata e sorprendente in un luogo che a vario titolo aveva suscitato in loro interesse e passione.

Puoi darci qualche cenno sulla trama?

Nell’aprile del 2011 due donne italiane si incontrano casualmente nel Museo dell’Innocenza e fanno amicizia. Denise è una giovane antropologa museale che dovrà occuparsi a titolo volontario della schedatura di alcuni pezzi da esporre. Irene, più matura, è giunta in città dopo aver letto il romanzo dello scrittore turco, spinta dal desiderio di entrare nel museo e di conoscerne l’autore. Tutte e due vengono a contatto con Deniz, collezionista e poeta che collabora con Pamuk ai lavori conclusivi di allestimento. Gli incontri, le conversazioni, i giri in città ci fanno partecipi del loro diverso approccio all’opera di Pamuk ancora in gestazione, delle loro emozioni, ma ci danno notizie anche sul loro passato e su altre persone che ne fanno parte, in particolare Pietro e Hayat, due giovani innamoratisi nella città turca alla fine degli anni Sessanta.

Maia, italiana vissuta a Istanbul sin dall’infanzia e cara amica di Hayat, dopo il pensionamento dal suo lavoro di bibliotecaria presso il Liceo Italiano, si troverà coinvolta, suo malgrado, nella ricostruzione di fatti che appartengono a quel passato, farà scoperte importanti in una sorta di indagine del tutto imprevista e alla fine capirà di avere fra le mani una bella storia da raccontare.

È una storia che parla di amore per i musei in cui si narrano vite, di amore filiale e fraterno, di amore per una città speciale come Istanbul e di amore fra donne e uomini che a Istanbul un giorno si sono incontrati.

Come vedi il tuo romanzo in rapporto alla realtà del museo ormai funzionante da anni? Pensi che possa arricchire i suoi contenuti?

Qualche anno fa il direttore in carica mi fece notare che il mio sarebbe stato il primo romanzo dedicato al Museo dell’Innocenza, portando alle stelle le mie ambizioni. Allora non immaginavo che il manoscritto sarebbe stato pubblicato, ma sapevo benissimo che l’opera di Pamuk aveva già attirato l’interesse di vari specialisti e artisti. Erano stati organizzati sul tema convegni, mostre e presentazioni, era stato girato un film con il regista inglese Grant Gee (“Innocence of memories” nel 2015, anche in versione italiana), erano nati progetti artistici dedicati (“Words and stars” nel 2017 con l’italiana Grazia Toderi). Ma nessuno aveva scritto un romanzo. Mi sono sentita incoraggiata.

Tuttavia, le altre iniziative erano sempre state realizzate in collaborazione con lo scrittore. Io, invece, mi stavo introducendo nella sua opera per farne il set di una storia nuova a sua insaputa, e questo mi intimoriva un po’. Ma sono andata avanti, per circa dieci anni, e ho raggiunto il mio obiettivo.

Mi rendo conto che sin dall’inizio, già con le prime donazioni, ho seguito un’istintiva aspirazione ad essere presente nella storia del museo, a distinguermi dagli altri ospiti e forse un giorno diventarne parte attiva. Credo che BIR ZAMANLAR e il lungo impegno che mi ha richiesto siano un passo in tale direzione. Già diversi lettori dicono che il mio testo ha suscitato in loro il desiderio di visitare Istanbul e di conoscere il Museo dell’Innocenza. Ne sono felice.

Spero che un giorno si possa editare il libro in turco o in inglese. E chissà che non ne possa nascere un vero progetto in grado di arricchire i contenuti del museo. In fondo, la scrittura e l’arte di Pamuk hanno finora mostrato una straordinaria capacità di generare idee e opere nuove.

Del resto, Pamuk ha già mostrato una sua attenzione verso il tuo romanzo.

In effetti, pur non potendo leggere il testo, eccetto la sinossi tradotta in inglese, e non avendo avuto con me contatti diretti se non in occasione di qualche evento italiano in suo onore, lo scrittore ha saputo delle mie frequenti visite al museo, delle donazioni e infine anche della pubblicazione di BIR ZAMANLAR. Credo abbia apprezzato una così tenace devozione nei confronti della sua creatura. La frase donata a Il Canneto Editore e a me per la quarta di copertina ci ha davvero onorato:

“Anna Rita Severini ha inseguito lo sviluppo del Museo dell’Innocenza con la stessa passione con cui Kemal ha inseguito Füsun”.

Orhan Pamuk, Premio Nobel per la Letteratura 2006

 

Anna Rita Severini*
BIR ZAMANLAR nel Museo dell’Innocenza
Il Canneto Editore, 2021

Il libro è stato già presentato a:
Pescara, Libreria Primo Moroni, 12 febbraio 2022
Milano, Book Pride 2022, 5 marzo 2022
Pescara, Museo delle Genti d’Abruzzo, 18 marzo 2022
Genova, Foyer del Teatro Nazionale, 5 aprile 2022
Francavilla al Mare, Palazzo Sirena, 13 maggio 2022
Rovereto, Libreria Arcadia, 17 maggio 2022

*L’autrice è stata fino al 2017 Responsabile del Servizio Attività Culturali e Turistiche del Comune di Pescara. Le sue esperienze di studio e di lavoro più significative, avviatesi fra il 1981 e il 2000 nel Museo delle Genti d’Abruzzo, riguardano il settore dell’antropologia museale e della cultura materiale tradizionale. Ha un’approfondita conoscenza diretta del Museo dell’Innocenza, realizzato a Istanbul da Orhan Pamuk. Figura tra i donatori e nella guest list del museo, con cui ha contatti regolari e che ha studiato sin dall’inaugurazione nel 2012.

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